La pandemia COVID-19 sta stravolgendo la società e le abitudini di vita della società e gli effetti economici e finanziari di tale crisi non sono ancora quantificabili. Per ora il settore bancario non è tra i più toccati ma è sicuro che in un’economia interconnessa a livello internazionale le conseguenze saranno negative per tutti.

In attesa di conoscere il futuro prossimo non possiamo dimenticare che cosa è successo in tempi non lontani e che ha causato effetti importanti sul mondo finanziario. Dapprima la crisi borsistica di fine secolo contraddistinta dalla bolla speculativa sulle società tecnologiche. In seguito gli anni tra il 2007 e il 2009 quando è scoppiata una crisi finanziaria che ha comportato in tutto il mondo perdite e fallimenti di società attive nel ramo finanziario.

Nel mondo le banche centrali hanno reagito all’aggravamento delle prospettive economiche con l’adozione di politiche monetarie decisamente espansive. I tassi di riferimento sono stati abbassati a un livello prossimo allo zero, sfiorando così i minimi storici. La Banca nazionale svizzera (BNS) si è mossa in linea con gli altri istituti centrali, optando per un allentamento senza precedenti della sua politica monetaria che ha consentito alla Svizzera di attutire il contraccolpo del crollo congiunturale.

Sul piano politico la crisi ha portato al delinearsi di due orientamenti fondamentali: da un lato, si sono moltiplicate le richieste per introdurre una regolamentazione più severa degli istituti finanziari e dall’altro, è cresciuta la pressione da parte di diversi Paesi in merito al segreto bancario.

Sebbene quello bancario sia uno dei settori più regolamentati di un’economia nazionale, non è stato possibile evitare lo scoppio della crisi finanziaria che, tra l’altro, ha messo in evidenza tutta una serie di fragilità proprie del quadro normativo internazionale. Detto in parole semplici, prima dello scoppio della crisi nel 2007 si riteneva che l’intero sistema bancario sarebbe stato sicuro solo qualora ogni singola banca lo fosse stata e avesse disposto di un adeguato cuscinetto di fondi propri a cui attingere in caso di perdita. Si pensava quindi che il monitoraggio puntuale di ogni singola banca (livello microeconomico) sarebbe bastato per scongiurare automaticamente il crollo di un intero sistema (livello macroeconomico). Un postulato che, alla luce di quanto successo, si è rivelato ingannevole. Il concetto, infondato, prevedeva che nell’eventualità di una crisi le banche si sarebbero potute vedere obbligate a reagire in un modo che avrebbe potuto rivelarsi negativo per il rifinanziamento di altri istituti finanziari.

Gli importanti piani di salvataggio e gli ingenti programmi congiunturali hanno notevolmente pesato sul debito pubblico di numerosi Paesi. Molti Stati si sono visti quindi costretti a tagliare le spese o a cercare nuove fonti di entrata. Ancora oggi una delle modalità utilizzate per generare nuovi fondi consiste nel recuperare patrimoni gestiti oltre frontiera su piazze finanziarie concorrenziali ubicate in Paesi più piccoli, per reimmetterli nel proprio apparato. Data la sua posizione di primo piano, internazionalmente riconosciuta, nella gestione patrimoniale, la piazza finanziaria elvetica è stata sotto i riflettori fino all’introduzione dello scambio automatico d’informazioni a livello internazionale.

La piazza finanziaria elvetica si sta impegnando attualmente a favore dell’accesso ai mercati europei per la fornitura di servizi finanziari dalla Svizzera. La nostra piazza finanziaria si contraddistingue per l’apertura verso l’estero e la regolamentazione esemplare. In questo senso e soprattutto anche a seguito dell’adesione agli standard internazionali dell’OCSE in materia di assistenza amministrativa, le discriminazioni unilaterali tra partner commerciali devono essere evitate.

Gli esordi del sistema bancario ticinese risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, proprio mentre le moderne vie di comunicazione stradali (Ponte di Melide, 1847) e ferroviarie (traforo del San Gottardo, 1882) ribadiscono la centralità del Cantone sull’asse nord-sud dell’Europa.

Lugano in particolare conosce un momento di grande sviluppo del settore del turismo e dei commerci. In questo senso la presenza di uno sportello della Banca Cantonale Ticinese si rivela insufficiente. Sorgono allora nel 1873 a Lugano la Banca della Svizzera Italiana, nel 1885 a Bellinzona la Banca Popolare Ticinese, nel 1889 la Banca Popolare di Lugano. Nel 1890 è la volta di Locarno che apre il Credito Ticinese e nel 1897 viene fondata la Banca Svizzero-Americana, un istituto che guarda ai molti emigranti d’oltre Oceano, e che si dota fin dall’inizio di un’agenzia a San Francisco. In seguito vengono fondate la Società Bancaria Ticinese, con sede a Lugano e poi a Bellinzona, e la Banca Agricola e Commerciale.

Le otto banche create raggiungono nel 1910 una cifra di bilancio complessiva di 145.1 milioni di franchi. Sono dimensioni che oggi suscitano un sorriso di sorpresa nei giovani e forse di nostalgia nei più anziani. Tuttavia il coraggioso contributo pionieristico del secolo scorso fu determinante per l’economia, per il commercio e soprattutto per lo sviluppo delle infrastrutture del nostro Cantone.

Una nota di pessimismo giunge con la crisi politica in cui versa l’Europa con l’avvicinarsi della prima guerra mondiale portando al fallimento due istituti, cresciuti senza sufficiente fondamento, con una perdita di risparmio del Cantone di oltre 30 milioni di franchi.

La posizione del Cantone, saldamente inserito nella rete delle comunicazioni europee, a ridosso di un bacino industriale già allora importante come quello lombardo, suscita il vivo interesse delle grandi banche svizzere. Nel 1908 la Società di Banca Svizzera apre una succursale a Chiasso, nel 1913 è la volta del Credito Svizzero a Lugano, a cui seguono, nel 1919 la Banca Popolare Svizzera a Locarno e infine nel 1920 l’Unione di Banche Svizzere con due succursali a Lugano e a Locarno e l’assorbimento della Banca Svizzero-Americana.

La nascita nel 1915 della Banca dello Stato, una fondazione autonoma di diritto pubblico, segna un altro evento decisivo nell’articolazione del sistema bancario ticinese. Tale rilievo non si deve soltanto all’importanza che questo istituto avrebbe in poco tempo assunto, ma soprattutto al fatto che la sua creazione fu resa possibile dall’intervento dell’Unione delle banche cantonali, del cartello delle banche svizzere, dello Stato del Cantone Ticino e delle principali banche ticinesi: la Banca Popolare di Lugano, la Banca della Svizzera Italiana, la Banca Svizzero-Americana e la Banca Popolare di Bellinzona. Istituzioni ed istituti contribuirono in parti diverse alla sottoscrizione del capitale iniziale. Segno che già nelle sue prime fasi il sistema bancario ticinese era alla ricerca di un sua struttura e di un coordinamento interno.

Una necessità che rese possibile, nel 1920, dare l’avvio all’Associazione Bancaria Ticinese. L’obiettivo era di allargare la collaborazione tra le banche e di disciplinare attraverso accordi e convenzioni le loro diverse attività.

Al termine del secondo conflitto mondiale l’Europa riorganizza il suo assetto politico ed economico gettando le basi di quella fase di espansione che avrà il suo epicentro negli anni Sessanta. Lugano diventa il centro di uno sviluppo che, se ha comportato la necessità di risolvere alcuni problemi dal punto di vista urbanistico e sociale, è stato certo all’origine del suo attuale benessere.

Lo sviluppo e l’affermazione internazionale della piazza finanziaria di Lugano risale al Secondo dopoguerra e in particolare agli anni Sessanta e Settanta. La posizione geografica di Lugano, le garanzie di stabilità economica e di pace sociale che la Svizzera offriva, la particolare situazione istituzionale della vicina Italia, avevano di fatto reso possibile, grazie all’afflusso di ingenti capitali, la formazione di un importante mercato finanziario. Queste condizioni favorevoli hanno permesso la crescita e la diversificazione del settore bancario e finanziario in genere. Lugano è oggi quotata come la terza piazza finanziaria svizzera, dopo Zurigo e Ginevra.

Oggi le Istituzioni pubbliche e private sono tuttavia consapevoli di dover affrontare con decisione i nodi posti dalle trasformazioni in atto nei mercati finanziari: la loro globalizzazione e le conseguenze derivanti da un contesto europeo e internazionale in continua evoluzione.

La nascita dell’Euro ha spinto il Franco svizzero a diventare una moneta di diversificazione, spogliandosi in parte dell’abito tradizionale di moneta di rifugio soggetta a forti escursioni legate a turbolenze economiche e politiche che hanno origine fuori dalla Svizzera. Un Franco più importante all’interno delle aree monetarie, una moneta più protetta dal rischio di repentine rivalutazioni, o svalutazioni concorrenziali, e quindi più stabile, spiega il crescente interesse verso la piazza finanziaria di Lugano da parte di banche estere.

L’afflusso di capitali va di fatto aumentando proprio grazie alla prospettiva di un Franco più importante come moneta di diversificazione. Se si aggiunge l’impatto psicologico esercitato da questo fattore sulla clientela appartenente all’area dell’Euro, diventa comprensibile la conseguente tendenza a ricalibrare le proprie posizioni in favore di un Paese che è al di fuori dell’Unione Monetaria.

È probabile che osservando la piazza finanziaria di Lugano si assista ad una maggior crescita delle attività di investimento rispetto a quelle del credito e tuttavia l’ottimismo diffuso tra gli operatori di questo sistema non deriva soltanto dalla posizione del Franco svizzero nei confronti delle altre monete.

Ciò su cui il settore può contare è la presenza di un terziario avanzato diffuso sul territorio e sostenuto da una formazione professionale di livello in costante ascesa. Si pensi al Centro Studi Villa Negroni dell’Associazione Bancaria Ticinese, alla nuova Università della Svizzera Italiana, alla Scuola universitaria professionale (SUPSI) che cura gli aspetti della ricerca applicata e del trasferimento delle conoscenze tecniche e pratiche all’economia produttiva.

La presenza di una trasformazione del tessuto economico e della cultura che lo sostiene, come quella alla quale si è potuto assistere negli ultimi dieci anni in Ticino, prelude ad un’ulteriore crescita dei servizi finanziari. Le condizioni necessarie ad una crescita qualificata dell’economia del territorio sono presenti e il settore vi partecipa attivamente.