Direttore ABT
Opinione pubblicata sul Corriere del Ticino, 17.09.2021
La solidità dell’economia svizzera si basa su diversi fattori, tra i quali spiccano una piazza finanziaria forte e un tessuto economico ricco e diversificato, composto non solo da multinazionali ma soprattutto da centinaia di migliaia di piccole e medie imprese (PMI). La sinergia tra sistema finanziario e imprenditori, storicamente dimostratasi vincente, si è addirittura rafforzata durante la pandemia. Qualora approvata, l’iniziativa “Sgravare i salari, tassare equamente il capitale” proposta dalla Gioventù Socialista (GISO) sarebbe, per usare una metafora, come un granello di sabbia che va a danneggiare un ingranaggio oliato e ben funzionante. Per comprendere il motivo basta leggere il testo dell’iniziativa, in votazione il prossimo 26 settembre: i promotori chiedono che, oltre un certo importo, il reddito da capitale vada conteggiato una volta e mezza. In pratica ogni franco che supera una determinata soglia, ai fini fiscali viene conteggiato come se si trattasse di 1.50 franchi. Una simile misura limiterebbe tutte le imprese nelle loro attività a causa di un notevole aumento del costo del capitale. La soglia ipotizzata è di 100 mila franchi: con un’economia composta al 99% da PMI, è chiaro che questa misura colpirebbe tanti imprenditori in diversi momenti della vita dell’azienda. Oltre alle distribuzioni periodiche dei dividendi pensiamo a tutte quelle imprese familiari che, con il passaggio generazionale, vedrebbero tassati in modo importante gli eventuali plusvalori. Anche le start-up, in grado di crescere solo grazie all’apporto di capitale di fondatori e investitori, sarebbero fortemente penalizzate in quanto, al momento della distribuzione dei dividendi, oltre un certo importo scatterebbe la sovra-tassazione che penalizzerebbe l’investitore che ha creduto nel progetto e giustamente si aspetta un ritorno economico. L’innovazione costituisce un altro pilastro importante per l’economia elvetica e ostacolando le start-up il nostro Paese perderebbe attrattività.
L’iniziativa inoltre non tocca solo le imprese ma anche i privati. E non parliamo solo degli individui più facoltosi, come ribadiscono gli iniziativisti, ma anche tanti risparmiatori non per forza miliardari i quali, per esempio, durante la loro vita hanno investito in azioni, obbligazioni oppure in un immobile. Considerato che i promotori menzionano anche gli utili dai capitali, finora esenti da tasse, e non solo i redditi, anche i profitti derivanti da vendita di azioni o immobili verrebbero sottoposti a questa tassazione. È chiaro che in futuro un risparmiatore, sapendo di rischiare un simile carico fiscale, ci penserà due volte prima di investire. Le persone più facoltose invece, tradizionalmente molto mobili, potrebbero addirittura scegliere di spostarsi in altri paesi indebolendo ulteriormente la piazza finanziaria e le finanze pubbliche.
Oltre a questi problemi strutturali, a peggiorare il quadro è la vaghezza dell’iniziativa: sarà il Parlamento in caso di accettazione a definire quali redditi sarebbero da considerare come redditi da capitale e a stabilire la soglia a partire dalla quale verrà applicata l’imposizione al 150%.
Non dimentichiamo infine che il sistema fiscale svizzero è uno dei pochi, a livello internazionale, in cui non solo i redditi ma anche il patrimonio del privato e dell’azienda vengono già tassati (imposta sulla sostanza). Anche per questa ragione un’ulteriore disincentivo agli investimenti è l’ultima cosa di cui l’economia svizzera ha bisogno in una fase storica così delicata come quella che stiamo vivendo, dove la ripresa in seguito alla crisi pandemica deve essere favorita il più possibile.